giovedì 15 dicembre 2011

Nuovo progetto a Namahaca

Salama! Ciao carissimi amici,
vi speriamo tutti bene, incolumi dall’influenza stagionale. Anche noi stiamo bene, e da molti mesi non abbiamo più preso la malaria! Ma lo diciamo sottovoce perché il mosquito antipatico è sempre in agguato. Soprattutto in questo periodo che sono aumentate notevolmente temperatura e umidità. Stiamo sperimentando il cosiddetto caldo africano! Dall’ultima volta che abbiamo scritto ci sono state delle novità con alcuni cambiamenti nelle due missioni qui in Mozambico,  il nostro progetto è cambiato e da Memba siamo stati trasferiti a Namahaca.

La nostra nuova casa ora è casa Leoncini, che già ci aveva ospitato nei primi mesi dopo il corso di Anchilo. Vi chiederete: “Come, un altro trasloco?!” Ebbene sì, è proprio il caso di dirlo che qui in Africa ci sono sempre imprevisti e novità! La cosa importante è vivere tutto sempre con molta apertura e nell’ottica del servizio. Questo è lo stile che abbiamo scelto sin dall’inizio, quando ci era stata fatta la proposta di partire per la missione, ci siamo affidati senza troppe domande sul dove, con chi, con quale progetto, con quali obiettivi, ma abbiamo accolto con leggerezza di animo e bagaglio la proposta per l’Africa.  L’importante non è il dove ma il come, non è il fare ma lo stare. Ma una volta entrati in una realtà è difficile lasciarla per entrare in un’altra che per quanto vicina, in termini geografici, è comunque differente. Non è facile  soprattutto perché si lasciano delle persone con le quali si sono costruite delle relazioni, si sono condivise fatiche ma anche gioie e soddisfazioni.  In questo cambio di progetto, è stato difficile lasciare i nostri amici di Cavà e Memba, con loro abbiamo percorso il primo pezzettino della nostra avventura missionaria in questa terra.

A Namahaca siamo stati accolti a braccia aperte, innanzitutto dall’equipe missionaria, dall’animatore parrocchiale il sig. Fernando, da mama Apina, e via via da tutti gli altri  animatori. Abbiamo trovato nuovi amici che ci hanno fatto sentire da subito il loro calore. Alcuni animatori li conoscevamo già, grazie ai primi mesi in cui facevamo i pendolari tra Namahaca e Memba o in occasione delle formazioni diocesane, altri sono nuovi. Questa sarà la nostra nuova famiglia per i prossimi due anni e mezzo. Cambiano le persone attorno e cambia anche l’ambiente: Memba è una piccola cittadina del litorale, la maggior parte delle persone parla portoghese, mentre Namahaca è una comunità del mato, dell’interior, dove la maggior parte delle persone sono camponeses (contadini) e parlano solo macua. Persone differenti ma con lo stesso grande cuore e il bene che ci stanno dimostrando è sempre lo stesso. Namahaca è una realtà più povera ed essendo nell’interior non ci sono tutte le comodità che c’erano a Memba come ad esempio l’elettricità. Qui, alle sei di sera, l’unica luce che illumina fuori è il chiarore della luna e di milioni di stelle e in particolare una meravigliosa Via Lattea.. Contemplare il cielo stellato ti riempie il cuore e ti fa percepire l’amore che Dio ci esprime attraverso questo sconfinato splendore.

Come ci sentiamo? Con la voglia di ripartire, ricominciare ma non da capo, forti dell’esperienza che abbiamo vissuto fino a oggi. Ormai è già un mesetto che siamo operativi nella nuova missione. Oltre a sistemarci logisticamente abbiamo iniziato ad accompagnare alcune attività e conoscere meglio la realtà. In questo periodo ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno pastorale, quindi ci sono gli ultimissimi incontri parrocchiali, ed essendo in Avvento sono aumentate le visite nelle comunità per le celebrazioni, in particolare per i battesimi e le celebrazioni penitenziali. Noi ne approfittiamo per accompagnare i padri e incontrare nuove persone e animatori. Visitare le comunità, è un’esperienza molto bella, è sempre una festa perché le persone da molto tempo stanno aspettando la visita del padre e dell’equipe missionaria. Tutto è pronto e organizzato per l’arrivo degli ospiti. Da una parte ci sono gli uomini, generalmente seduti su una panchina sotto un ombroso caju o manga, dall’altra parte, a lato della cappella, ci sono le donne con i loro bimbi piccoli sedute in gruppo per terra. In un altro angolo sono seduti i giovani, che animano la celebrazione e i bambini che giocano e guardano incuriositi.  Il primo momento è un tempo dedicato alla verifica, il padre e i responsabili della comunità si riuniscono per aggiornarsi e confrontarsi sui problemi o le difficoltà. Terminato questo momento ci si riunisce con tutta la comunità, ci sono le presentazioni ufficiali ed inizia la Messa, sempre molto gioiosa e animata. Anche nella Messa ognuno occupa il suo posto: animatori, uomini semplici, donne, giovani e bambini. Nella cultura macua ognuno ha il suo ruolo, il suo luogo e il suo significato, tutto è ordinato e in armonia.

La messa a volte è all’esterno, sotto l’ombra di un caju, altre volte è dentro la cappella, sempre molto ben ordinata e adornata per l’evento. La cappella è una struttura molto semplice, costruita di mattoni di fango e con il tetto di paglia o a volte in lamiera, dentro c’è un piccolo altare e tutto lo spazio per la comunità. I bambini si siedono davanti e per tutto il tempo della messa non si muovono. Nel corridoio centrale c’è lo spazio per le dançarinhas, le ragazzine che danzano e animano i canti. Quando la messa finisce, ci si ferma nella cappella perché si mangia insieme agli animatori e all’anziano della comunità. Ci si siede tutti insieme per terra su una stuoia e viene servito il pranzo a base di riso o xima (polenta bianca) con gallina do mato  o fagioli.

Andare a visitare le comunità è davvero una bella esperienza, si può stabilire una vicinanza con le persone, una comunione, un contatto. La lingua spesso è una barriera, ma si riesce a comunicare con il linguaggio del cuore, un sorriso, una carezza, un darsi la mano reciproco. Le persone sempre offrono una calda accoglienza e ti fanno sentire il benvenuto. Dopo aver rotto il ghiaccio iniziale, si ride e si scherza un po’, e quel loro modo un po’ teatrale di dire le cose, di rispondere, sempre con il sorriso in volto, trasmette molta allegria.

Qualche settimana fa ho avuto l’opportunità di partecipare assieme a suor Ducilene e mama Apina (l’animatrice parrocchiale delle donne) al rito di iniziazione femminile in una zona della parrocchia. E’ stata un’esperienza molto bella, è stata la prima volta. Durante il rito tutta la comunità è in festa, le donne si riuniscono in privato con le ragazze e ha inizio il rito. La festa è iniziata con un momento di preghiera, dopodiché le ragazze accompagnate ognuna dalla propria madrina ricevono attraverso danze e canti tutti i consigli che una donna deve ricevere per essere tale nella famiglia e nella società. E’ un momento di allegria e festa, la mama consigliera è la regista di tutta la celebrazione, è lei che ha il compito importante di trasmettere i consigli alle ragazze. Poi ci sono le mamas che suonano i batuk e le mamas che danzano. Finito il momento privato con le ragazze, che dura alcune ore, ci si riunisce con tutta la comunità fuori dalla cappella per un altro momento di preghiera e per l’offertorio: le ragazze ricevono i doni che le famiglie, i parenti e gli amici offrono. La festa continua con il pranzo.

Con le mamas cristiane, a livello diocesano, stiamo facendo una formazione per dare un significato cristiano al rito di iniziazione. Questo significa apportare alcune modifiche importanti al rito tradizionale, togliendo alcune parti ed aggiungendone altre che puntino su una maggiore valorizzazione delle ragazze, includendo alcuni momenti di preghiera. Molte mamas stanno facendo molto bene, altre ancora praticano quello tradizionale, e questo in contrasto con le decisioni adottate a livello diocesano dalla commissione delle donne. E’ un processo di trasformazione che richiede tempo, costanza e pazienza. E’ stato bello accompagnare in tutti questi mesi le mamas nella formazione sul rito cristiano, e ora partecipare personalmente alla festa.  Il rito celebra una tappa molto importante per le ragazze, che segna la loro entrata nel mondo adulto e tutta la comunità si sente partecipe e in festa per loro.  Ora sono pronte per sposarsi e creare una famiglia. Questa esperienza mi ha fatto toccare con mano, quanto la persona sia valorizzata nelle varie tappe della vita, ma mai da sola, tutto ha significato e importanza se vissuto e condiviso con la propria famiglia e la propria comunità.

Andare a visitare le comunità ci aiuta anche a conoscere meglio la geografia della parrocchia, Namahaca è divisa in dieci zone che comprendono circa settanta comunità. Spostandoci da una parte all’altra, abbiamo visitato alcune zone molto secche e aride dove abbiamo toccato con mano quanto le persone stiano soffrendo aspettando la pioggia. Questo è un periodo molto duro, la secca dura da molti mesi, i fiumiciattoli sono quasi tutti asciutti, scavando si incontra un po’ d’acqua stagnante, ma è molto sporca, e il rischio di epidemia di colera è dietro l’angolo. Inoltre c’è il rischio che con le prime piogge il colera si possa diffondere. Come sappiamo questo virus è alimentato dalle condizioni di scarsa igiene. Purtroppo tra la gente c’è molta ignoranza a riguardo, e molti credono che ci sia qualcuno che volutamente diffonda il virus, altri credono che si prenda mangiando il manga, che è il frutto di questa stagione. A livello diocesano, stiamo lavorando su questo tema per aiutare le persone ad essere coscienti su origini, cause e prevenzioni del colera. In particolare nella formazione diocesana del ministero di Giustizia e Pace è stato affrontato il problema con un dibattito con gli animatori. Anche loro hanno molti dubbi, molti credono che ci sia davvero qualcuno che contamini l’acqua e diffonda il virus. Virginia, la responsabile diocesana di G&P, ha pensato di invitare due attivisti e un infermiere, che nelle comunità danno formazione, per aiutare gli animatori a far chiarezza su questo argomento. Soprattutto dopo quello che è successo l’anno scorso, in cui le piogge hanno tardato molto e l’epidemia si è diffusa rapidamente in diverse zone causando moltissimi morti. Un focolaio di colera era scoppiato anche qui a Namahaca.

Con le persone anche noi stiamo condividendo una dimensione molto legata alla natura, e ai suoi eventi nel bene e nel male. La secca, l’aridità della terra, l’acqua che scarseggia, la paura del colera, l’attesa della pioggia. Molte volte, ci ritroviamo a guardare il cielo e chiederci se pioverà, e con i nostri fratelli stiamo sperando e pregando che presto possa cominciare. La settimana scorsa ci sono stati degli acquazzoni, e qualcuno ha cominciato a seminare, purtroppo però era meglio aspettare perché il sole e la secca che continuano da una settimana ha bruciato le sementi.. questo è un altro problema che si somma alla già difficile vita dei contadini in questo periodo di fame, durante il quale il cibo è poco e i soldi ancora meno, si va al mercato per comprare a prezzi molto alti la semente e.. è tutto nelle mani del Signore!!

E’ cominciato l’Avvento, con queste preoccupazioni ma anche con tanta speranza per la nascita di Gesù bambino tra di noi.  Questo sarà il nostro primo S. Natale in questa terra africana. Lontani dalle lucine, i colori e i profumi che caratterizzano questo periodo nelle nostre città. A volte è come se fossimo abituati ad associare il Natale al regalo di Natale o alle luci di addobbi e presepi. Qui è diverso, nulla ci distrae dall’avvento del bambino Gesù.  Sarà un Natale diverso, siamo contenti di viverlo qua a fianco di questo popolo che ci fa ricordare come anche Gesù sia nato nella povertà e tra molte difficoltà e ancora oggi nasca nelle nostre povertà, nelle difficoltà, nei cuori delle persone sfruttate, oppresse o che hanno perso la speranza.

Il nostro augurio speciale è che Gesù bambino che sta per nascere doni a tutti noi nuova pace, gioia e speranza, rinnovi i nostri cuori e li intenerisca perché lo sappiamo riconoscere e amare nel fratello che abbiamo accanto, e questo amore, che noi possiamo seminare nelle nostre relazioni e nella nostra quotidianità, possa dare come frutto un mondo con più pace e più giustizia per tutti i popoli.

Buon Santo Natale di pace, gioia, amore e speranza in Lui! Un buon Santo Natale anche a tutte le vostre famiglie e comunità!

...e  un felice 2012 a tutti!




Vi portiamo nel cuore, un forte abbraccio

e.. mangiate una fetta di pandoro anche per noi!!

A presto, Nico e Franci

venerdì 28 ottobre 2011

MISSÃO E’ … caminhar juntos!

Ciao a carissimi!

Eccoci qua! Allora arrivato il freddo?     
Qui sta arrivando il caldo! La temperatura si è alzata e anche l’umidità! Ora stiamo incrociando le dita  sperando che la pioggia arrivi presto. I fiumi sono ormai tutti secchi, e l’acqua sta davvero scarseggiando. Al pozzo di Memba la fila per prendere un secchio d’acqua è ogni giorno più lunga. Ma i nostri fratelli africani non si scoraggiano, e anche se nel loro cuore c’è tanta preoccupazione, si siedono al pozzo tranquilli, con quella loro instancabile voglia di scherzare e cantare e aspettano il loro turno.
Noi stiamo bene, la salute ci sta accompagnando, anche se questo caldo a volte fa mancare un po’ le forze! Quasi da due mesi ci siamo trasferiti nella nostra casa. E se subito ci sentivamo un po’ spaesati perché eravamo abituati a vivere circondati dai rumori dei ragazzi, a sentire la loro presenza fuori dalla porta, le loro risate e i loro canti allegri, ora ci siamo abituati, e abbiamo riscoperto la bellezza di avere un angolo proprio dove staccare la spina! Anche i nostri vicini si sono rivelati simpatici e accoglienti. Ora ci fanno compagnia le risate contagiose dei bambini che si divertono a giocare davanti alla nostra porta, con tutto quello che trovano per terra.

Qui nel lar siamo entrati nell’ultima settimana, i ragazzi venerdì concluderanno la scuola e sabato finalmente inizieranno le loro vacanze che dureranno fino a gennaio. Una decina di laristi rimangono qui  fino alla metà di novembre per concludere gli esami. Questi mesi con loro sono passati davvero veloci, tanti momenti di allegria e risate, ma a volte anche alcune difficoltà, soprattutto a causa della nostra inesperienza! Ma siamo in cammino per imparare =)

In parrocchia, si stanno concludendo le varie attività in vista della chiusura dell’anno pastorale. Prima di iniziare l’Avvento ci sono gli ultimi ritiri per battezzare i bambini. Proprio domenica scorsa Memba era in festa perché ci sono stati i battesimi dei bimbi della comunità di Memba e della vicina Moruza. La chiesa era piena e l’animazione come sempre è stata eccezionale, canti e danze da parte del gruppo delle dançarinhas. Anche la chiesa era addobbata a festa con fiori e catene di carta che andavano da una parte all’altra della navata centrale. Fuori dalla porta principale, scavata nella terra, c’era una grande croce, dove al momento del rito,  i bambini accompagnati dal proprio padrino, sono entrati e hanno ricevuto il battesimo. A seguire il momento della vestizione, i genitori gli hanno tolto gli abiti vecchi e gli hanno messo i vestitini nuovi a simboleggiare la loro rinascita cristiana. La celebrazione è stata davvero bella e animata dalla tipica spontaneità e allegria africana. Al pomeriggio siamo stati invitati in casa delle famiglie dei bambini battezzati per condividere un momento di festa. Sempre la loro accoglienza ci stupisce, avevano preparato per noi riso, fagioli, gallina, e qualche bibita. Le tappe sono state tante ma ne è valsa veramente la pena, ci siamo sentiti parte di ogni famiglia che ci ha ospitato.

Ora ci sono due bei appuntamenti in programma: il primo è questo fine settimana con i giovani, a Cavà ci sarà la veglia conclusiva del mese missionario; il secondo sarà l’8 dicembre: festa dell’Immacolata, patrona della missione di Cavà. Animatori e volontari si stanno dando da fare in questo periodo per organizzare logisticamente i due eventi.

Non ci dilunghiamo molto… questo era solo un breve aggiornamento di alcune attività! In questo post abbiamo pensato di allegare la lettera che abbiamo scritto per la nostra comunità di Tregnago, che riassume un po’ questi primi nostri mesi con piedi mani e cuore in questa terra di missione. E ora abbiamo pensata di condividerla con tutti voi =)



Carissimi amici di Tregnago!
Eccoci qua dal Mozambico. in un attimo ci siamo ritrovati in ottobre, nel mese missionario, cosi abbiamo pensato di scrivervi per salutarvi, ringraziarvi e condividere qualche pensiero..
Noi stiamo bene e siamo davvero felici, ormai dopo quasi otto mesi di vita africana ci sentiamo a casa, e ci sentiamo parte di una nuova comunità cristiana. In questi primi mesi abbiamo sperimentato sulla nostra pelle cosa significhi essere stranieri, qui ci chiamano ‘mocugna’ bianchi, quindi vivere in una terra che non è la nostra per storia, costumi, tradizioni, cultura e dove tutto  intorno è diverso da ciò a cui sei abituato: le persone, la lingua, la natura, i suoni, il clima, il ritmo delle cose. Appena arrivati ci sentivamo due pesci fuor d’acqua! Non possiamo nascondere che i timori erano tanti e anche quel senso di inadeguatezza, quel non sapere cosa fare, cosa pensare, cosa dire.
Piano piano però grazie all’aiuto dei nostri fratelli mozambicani, tutto è cominciato a diventare più familiare. Siamo stati accolti in maniera splendida, fin dai primi giorni, quando incontravamo qualcuno ci faceva sentire il benvenuto, l’ospite gradito, da subito si sono interessati a noi, alla nostra salute e alle nostre famiglie lasciate là in Italia. Quante volte abbiamo pensato se anche noi nella nostra terra abbiamo accolto nello stesso modo loro, i fratelli africani. Ci siamo resi conto quanto siano importanti le piccole cose per farti sentire bene: uno sguardo sorridente, una mano tesa per salutarti, un abbraccio, una parola.  Questo popolo ha davvero il dono dell’accoglienza e sempre quando ci si incontra per strada oltre a salutarsi, si conversa e ci si aggiorna sulle novità: ‘Tudo bem? Novidades em casa? E a saude?’
Vi chiederete ma cosa state facendo? Come passate il vostro tempo?
Le nostre giornate sono sempre piene, attività e imprevisti non mancano mai, ma qui in Africa il ritmo è diverso, è molto più lento, lo pensiamo come la calma di Dio, si ha sempre tempo per tutto e si da’ molto più spazio alle cose importanti ovvero alle relazioni! Stiamo riscoprendo la bellezza del sederci accanto agli altri a raccontarci un po’ delle nostre vite, la bellezza dell’ascoltare le loro storie, i loro racconti e conoscere più da vicino la cultura Macua e noi raccontare un po’ della nostra vita, della nostra cultura, della nostra comunità, di tutti voi.
La nostra attività principale è nel lar con i ragazzi, sono 29 e stanno frequentando la scuola secondaria, le nostre medie e superiori. Oltre alla parte logistica, quindi manutenzione della struttura e rifornimenti, noi seguiamo i ragazzi nelle varie attività e li aiutiamo nello studio, soprattutto nelle materie di inglese, matematica, portoghese, storia e geografia. Il lar è uno studentato dove i ragazzi studiano e lavorano, in particolare, sono organizzati in vari gruppetti: cucina, pulizia delle stanze e degli ambienti comuni, animazione dei momenti di preghiera, aiuto nell’officina di falegnameria, lavorazione del ferro o muratori. Il sabato ognuno fa il bucato e la domenica dopo la celebrazione della Parola c’è il mitico e attesissimo gioco di ‘futebol’, che anima molto spirito e corpo! Lo scopo del lar è accogliere ragazzi che vengono da fuori, cercando di dare priorità a quelli che necessitano maggiormente e offrire loro un ambiente cristiano dove vivere e poter frequentare la scuola secondaria di Memba.
A livello parrocchiale, aiutiamo padre Silvano nelle attività pastorali. La giovane chiesa mozambicana è organizzata in ministeri, c’è il ministero dei catechisti, dei ministri dell’eucarestia, delle donne, dei giovani, di giustizia e pace, di aiuto fraterno (la nostra Caritas), di salute, di infanzia missionaria. Gli animatori dei diversi ministeri ricevono bimestralmente due giorni di formazione in parrocchia con l’equipe missionaria e a loro volta portano la formazione ricevuta nelle proprie comunità. E’ una coraggiosa testimonianza di giovane chiesa che cerca di camminare grazie all’impegno e alla corresponsabilità dei laici. Nella nostra parrocchia di Cavà, le comunità sono 47 e ricevono la visita con la messa di padre Silvano circa una volta l’anno, quindi tutte le altre domeniche sono i laici della comunità che organizzano la Celebrazione della Parola e si responsabilizzano per portare avanti le attività. Ogni comunità cristiana ha una struttura ben organizzata al proprio interno con l’anziano che è il responsabile di tutti i cristiani, il ministro dell’eucarestia, i lettori, i catechisti, la responsabile delle donne, e i responsabili degli altri ministeri. Non tutte le comunità hanno la presenza e la ricchezza di tutti i ministeri, ma poco a poco stiamo affiancando i nostri fratelli a crescere in questa prospettiva.
Sempre ci colpiscono il coraggio e la forza dei nostri animatori che si incamminano per lunghe distanze, sotto il sole, per ricevere e poi condividere nelle loro comunità la formazione ricevuta in parrocchia. Il loro spirito non disanima mai, nemmeno di fronte a tutte le difficoltà come la mancanza di mezzi o i problemi di salute o di lutto che spesso colpiscono le famiglie. La loro incrollabile forza, fede, speranza, pazienza, costanza, il loro esserci, il senso di responsabilità cristiana, per noi sono testimonianza ed esempio concreto dell’essere missionari! Che lezione di fede!
Con gli animatori condividiamo momenti di preghiera, riflessione e formazione. Noi stiamo imparando da loro molte cose. E’interessantissimo ascoltare come calino le situazioni della Bibbia o i brani del vangelo nella loro realtà con molti esempi pratici e semplici. Inoltre gli incontri parrocchiali sono sempre occasioni di scambio fraterno, in cui si conversa e ci si avvicina, quante risate!
Una grande testimonianza di fede, coraggio sono le donne mozambicane. Perno della vita di tutti i componenti della famiglia, sono loro che in casa portano pesi e responsabilità maggiori come accudire i bambini, preparare da mangiare, cercare la legna per il fuoco, andare al fiume a lavare la biancheria e prendere l’acqua, lavorare nella ‘machamba’ (campo) e occuparsi del raccolto. Tutto questo spesso con un bambino sulla schiena e altri piccoli al seguito, e qualche volta anche portando un altro figlio in grembo. Sempre sorridenti e sempre con una parola di fede e speranza di fronte ad ogni difficoltà, fatica o dolore. Sono queste donne che a luglio si sono incamminate per molte ore, alcune con il bimbo piccolo nella ‘capulana’ (la stoffa che legano nella schiena) per raggiungere Cavà, la parrocchia, e partecipare alla formazione.
Abbiamo pensato di condividere con voi la ricchezza che stiamo poco a poco scoprendo in questo popolo. La vita della gente è penetrata da una sincera e viva speranza in Dio e nella Provvidenza, spesso ci dicono “Solo Dio è che sa! Solo Dio è che può!”.  E’ una fede semplice, incrollabile, umile e ci interroga sulla qualità della nostra fede, in cui a volte mettiamo noi stessi al centro di tutto, siamo noi che sappiamo e che possiamo.
Facile a parole, difficile nella pratica, ma ti stupisce e ti provoca, soprattutto in questa realtà in cui vivono i nostri fratelli mozambicani. Il Mozambico è un paese che sta soffrendo molto, è tra i più poveri del continente africano. Il livello di alfabetizzazione è molto basso e la situazione sociale e sanitaria è grave, il tasso di malnutrizione cronica infantile è tra i più alti al mondo. Qui al Nord la maggior parte delle persone sono contadini o pescatori, vivono quindi di sussistenza, con i prodotti della propria ‘machamba’, quindi se oggi si raccoglie qualcosa si mangia, se non si raccoglie si aspetta il giorno dopo. Ma le persone vivono la vita con una straordinaria serenità, con un sorriso in volto, senza allarmismi, con questa loro profonda fede nella provvidenza di Dio. Affrontano tutte le fatiche e le sofferenze con grande dignità.
In questo momento stiamo vivendo con molta attesa il periodo delle piogge, le persone hanno paura che accada come l’anno scorso in cui la pioggia invece di cominciare a fine ottobre è cominciata a gennaio. Cominciando tardi e piovendo pochissimo il raccolto di quest’anno è stato molto scarso. In questo periodo stanno finendo le scorte di cibo e i fiumi stanno seccando. E’ da aprile che non piove. Se accadrà come l’anno scorso si troveranno a dover soffrire la fame e affrontare un’altra volta il rischio di epidemia di colera. Nelle loro bocche e nei loro cuori tanta preoccupazione ma sempre queste parole: Dio ci aiuterà.
Fa star male il sentimento di impotenza che sperimentiamo di fronte a tante situazioni di sofferenza e mancanza di prospettive. Che cosa possiamo fare? Possiamo fare molto! Possiamo cercare di sensibilizzarci, di fare delle scelte più responsabili, possiamo cercare di ridimensionare e cambiare il nostro stile di vita tenendo maggiormente conto degli altri.
Prima di salutarvi vorremmo dire il nostro grazie di cuore a tutti! Grazie all’aiuto e impegno di tutti voi che sostenete la missione non solo economicamente ma soprattutto con la preghiera; grazie di tutta la vicinanza con sms o mail e attraverso i saluti che ci mandate tramite le nostre famiglie. Grazie anche al Centro Missionario Diocesano che sa coordinare e gestire al meglio gli aiuti che mandate per le missioni diocesane. Nominarvi tutti sarebbe lungo e faremo sicuramente torto a qualcuno perché immancabilmente finirebbe all’ultimo posto nell’elenco e non lo meriterebbe. Ma qualcuno lo dobbiamo nominare, speriamo che gli altri non ne abbiano a male, sono i ragazzi di terza media della nostra parrocchia di Tregnago che ci hanno mandato i loro risparmi per aiutare i nostri ragazzi di Memba. Grazie del vostro impegno e aiuto! Con quello che avete raccolto possiamo permettere ad un ragazzo di vivere un anno nel lar della parrocchia e quindi di poter andare a scuola. È proprio vero che l’oceano, è fatto di tante piccole gocce, che per quanto possano sembrare piccole, sono importanti e nel loro insieme fanno l’oceano.
In questo mese missionario, chiediamo a tutti voi una preghiera speciale per questi fratelli mozambicani, che la Provvidenza del Signore li possa aiutare e sostenere in tutte le loro difficoltà e fatiche. In particolare vi vorremmo chiedere una preghiera speciale per i ragazzi ‘vocacionados’. Sono un gruppo di ragazzi e ragazze che stanno facendo un cammino di discernimento vocazionale, domenica scorsa abbiamo concluso il secondo anno di corso. Alcuni stanno seriamente pensando di approfondire la chiamata al sacerdozio e alla vita religiosa, sono loro il futuro della chiesa locale. Li affidiamo alle vostre preghiere.
Anche noi vi promettiamo le nostre preghiere, crediamo che questo ponte di scambio tra la chiesa africana e quella veronese, in particolare di Tregnago, possa aiutare a rafforzare il sentimento di fratellanza cristiana, ricchezza evangelica e desiderio di vivere davvero quel comandamento dell’amore e di annuncio che Gesù ci ha insegnato, ognuno nella propria terra di missione. Il missionario non è solo l’eroe che parte per terre lontane, il missionario siamo tutti noi che trasmettiamo il vangelo con la nostra vita e con le nostre scelte. Noi ci sentiamo una famiglia normale, siamo grati al Signore di questo dono bellissimo di vivere un pezzettino della nostra camminata cristiana nel servizio e nella condivisione qui in Mozambico, a fianco di questa gente, poverissima economicamente ma davvero ricca delle cose più importanti: la gratitudine, l’allegria, la speranza e la fede in Dio.
Vorremmo salutarvi con le parole del Comboni: “ ..il missionario deve considerarsi come un individuo inosservato in una serie di operai, i quali hanno da attendere i risultati non tanto dell’Opera loro personale, quanto da un concorso di continuazione di lavori misteriosamente maneggiati ed utilizzati dalla Provvidenza.”

Buon mese missionario con Maria, madre di tutti noi e di tutte le missioni.

Aspettando vostre notizie, vi mandiamo un abbraccio e il sorriso contagioso di tutti i bambini mozambicani!

Mpaka Nihiku Nikina, alla prossima!      
Nicolò e Francesca

PS Finalmente sono arrivate le nostre foto!!

sabato 20 agosto 2011

Caminhar juntos

Ciao a tutti,
eccoci qua ritrovati =) vi speriamo tutti bene e magari un po’ riposati. Qui a Memba procede tutto bene: i nostri laristi sono tornati il 7 agosto,  la scuola è re iniziata a pieno ritmo e il lar ha ripreso ad essere popolato! A fine luglio si è concluso il secondo trimestre e i ragazzi hanno passato due settimane di ferie. Tutti non vedevano l’ora di tornare a casa, era da Pasqua che non vedevano la loro famiglia. Le due settimane prima delle vacanze hanno fatto “as provas” (compiti in classe) per ogni disciplina curriculare. Erano tutti molto impegnati nello studio e nei lavori di gruppo. L’ultima settimana di scuola, tutti pregavano che arrivasse in fretta il sabato per poter finalmente tornare a casa, chi con la “chapa” (una specie di trasporto pubblico), chi con “boleia” (passaggio di qualcuno) in moto, chi in bici, e chi a piedi (i più vicini abitano a 4-5 ore di cammino, mentre i più lontani a 12-14 ore). Il venerdì c’era un’allegria generale perché il giorno dopo sarebbero partiti, praticamente la notte non hanno mai dormito tanta era la contentezza! Al mattino alle tre e mezza erano già tutti in piedi, e cantavano allegri, così anche noi ci siamo alzati prestissimo per salutarli. Che belli, tutti ben vestiti con lo zaino a spalle o la capulana sulla testa. I primi sono partiti alle quattro del mattino, gli ultimi nel primo pomeriggio con noi che dovevamo andare a Namahaca. Durante tutto il viaggio continuavano a cantare ben animati. Le ferie per loro sono un’occasione per stare un po’ con la famiglia, visitare qualche zio o cugino, ritrovare un amico e lavorare per guadagnare qualcosa per comprarsi un quaderno, una penna, un pezzo di sapone o pagare una contribuzione per le prove a scuola; non sono proprio le ferie come le intendiamo noi: al mare, in montagna o di divertimento al grest!


A Memba il lar è stato chiuso per tutto il periodo delle vacanze, solo l’officina di falegnameria ha continuato a funzionare con il “mestre” Domingos e l’aiutante, “mestre da serralheria”, Mauricio. Le ferie sono arrivate proprio giuste anche per noi che avevamo bisogno di staccare un po’ la spina dagli impegni del lar. Che silenzio fuori dalla porta, eravamo abituati alla compagnia e ai rumori dei ragazzi.

 Ci siamo chiesti come avrebbero passato le vacanze Pascoal, Atanasio e Valeriano. L’ultima settimana le famiglie ci avevano avvisato che purtroppo era morto un loro famigliare (chi il fratello, chi il cugino), raccomandandoci di non dire niente a loro fino a quando non avrebbero finito tutte le prove a scuola. Ancora una volta la quotidianità che viviamo qui ci fa riflettere e ci tocca dentro. Questo confronto con la malattia e la morte così frequente. Non eravamo abituati. Così il sorriso di questi nostri ragazzi, subito si è trasformato in tristezza. E ci siamo chiesti se anche gli altri avrebbero trovato brutte notizie al loro rientro. La morte qui colpisce tanto, e non guarda in faccia all’età. Non sono solo i bambini colpiti dalla malaria che diventa mortale, sono anche i ragazzi e gli adulti. Spesso muoiono senza saperne le cause. E anche chi va all’ospedale non trova una soluzione perché le medicine sono troppo generiche, un paracetamolo o un antibiotico, e non curano il problema. La mancanza di mezzi, di personale, di formazione e informazione sanitaria è forte, e l’ospedale o “centro de saude” non è sinonimo di cura, anzi! Fa star male pensare a tutte queste persone che muoiono spesso a causa di banalità che non curate divengono mortali. Qui nel mato i centri di salute sono molto lontani uno dall’altro, per cui se uno è malato e abita lontano, l’unica soluzione che ha è quella di rimanere in casa e aspettare. C’è anche chi, pur abitando vicino ad un “centro de saude”, non ci va perché preferisce affidarsi  alle cure tradizionali, ai rimedi di erbe, che in alcuni casi funzionano in altri casi non fanno niente. Le farmacie? Certo ci sono, sono in città, ma sono solo per i ricchi. Il costo delle medicine è proibitivo. Per cui quelli ad essere penalizzati sono sempre le persone più povere, cioè la maggior parte dei nostri fratelli mozambicani. Vedere i nostri ragazzi o le persone a cui ci stiamo affezionando dover affrontare queste difficoltà, ci interroga tanto, ci fa riflettere sui perché di questi ingiusti disequilibri! Crea sempre una divisione tra il “noi” occidentali e “loro” africani. Il noi, dalla parte di chi ha le possibilità e la disponibilità, e questo spesso ci fa sentire in colpa. Rimaniamo sempre con tanta rabbia e tanti perché senza risposta! Ma non vorremmo che si fermasse tutto li, con degli interrogativi irrisolti, la nostra risposta a questi disequilibri è quella di cominciare un cambiamento che parte da noi, dalla nostra piccola “machamba” (orto),  nella quotidianità, nelle abitudini, nelle scelte, con la consapevolezza che sarà una camminata lunga e difficile.

In queste due settimane di chiusura del lar ne abbiamo approfittato per dedicarci un po’ di più alla parte pastorale. I primi incontri che abbiamo fatto nella nuova parrocchia sono andati bene, e sono stati una bella occasione per conoscere meglio i nostri co-parrocchiani e un po’piu’ da vicino alcuni ministeri.  Poco prima delle vacanze, a Cavà c’era stato l’incontro dei giovani e delle “mamãs” (donne). Due incontri molto belli. I giovani hanno fatto una formazione sulla Lectio Divina, la lettura orante della Bibbia, e si sono preparati per la GMG. Un gruppetto di giovani di ogni parrocchia parteciperà a Nacala il 20-21 Agosto per la GMG, in comunione con Madrid. Ci sarà la veglia il sabato sera, un collegamento a sorpresa, e la domenica la messa con il Vescovo. Sarà sicuramente molto bello per loro ritrovarsi in tanti e condividere questo momento importante di fede.

Anche l’incontro delle mamãs è andato molto bene, è stato organizzato a Cavà con la presenza della responsabile diocesana suor Joyce (è una suora Spiritana Nigeriana, ben animata e energica). Pe Silvano aveva suggerito di invitarla, visto che questo ministero era rimasto fermo per quindici anni, sarebbe stata una bella occasione per le mamãs per ricominciare la loro camminata cristiana in parrocchia, per rafforzarsi e arricchirsi a vicenda condividendo dubbi e preoccupazioni direttamente con la responsabile diocesana.  Fortunatamente suor Joyce l’avevo conosciuta durante una formazione ad aprile quindi l’ho chiamata e ci siamo accordate sull’incontro. Non avevo la minima idea di quante mamãs sarebbero arrivate. Pensavo poche, visto che il ministero era rimasto fermo per tanto tempo. Grazie al lavoro di divulgazione in tutte le comunità degli animatori zonali, la bella sorpresa è stata che quando è iniziato l’incontro sono arrivate ben 40 mamãs, davvero un buon numero, sia dalle comunità della regione di Cavà sia da quelle lontane della regione di Memba. Ero molto felice e anche abbastanza agitata perché era il primo incontro con loro, non conoscevo nessuna  e sapevo che probabilmente loro avrebbero parlato solo macua. L’unica sicurezza per me era la presenza di suor Joyce e mama Elisa (per la traduzione in macua, anche lei conosciuta ad aprile). Dopo aver rotto il ghiaccio con qualche battuta grazie all’aiuto di suor Joyce, l’incontro è cominciato, ed è proseguito molto bene con una buona partecipazione da parte di tutte!

Le donne sono una presenza importantissima nella società mozambicana, possiamo dire che ne sono la struttura portante. Sono loro che si occupano della famiglia, dei bambini, di preparare da mangiare, di andare a prendere la legna, l’acqua, lavare la biancheria al fiume, lavorare nella machamba, raccogliere i prodotti. Tutto questo spesso con un bambino sulla schiena e altri piccoli al seguito, e qualche volta anche portando un altro figlio in grembo. Le donne sono davvero una forza e una testimonianza, perno della vita di tutti i componenti della famiglia, vivono tutte le loro fatiche con molto dignità. Testimonianza di questo sono tutte le mamme coraggio che con bambini piccoli nella loro “capulana” (la stoffa tipica che usano le donne) legata sulla schiena si sono fatte moltissime ore di cammino sotto il sole e durante la notte per raggiungere la parrocchia e partecipare alla formazione. L’incontro è iniziato con un pranzo insieme, per poi proseguire tutto il giorno successivo e terminare la mattina a seguire. Le mamãs erano molto felici della presenza di suor Joyce, la formazione ha toccato due punti molto importanti: il rito di iniziazione femminile cristiano e l’educazione dei bambini. Suor Joyce sta accompagnando le mamãs per rivedere alcuni punti  del rito di iniziazione tradizionale aiutandole ad inserire alcuni elementi cristiani  E’ un lavoro molto delicato ma molto importante per le mamas che preparano le ragazze a divenire donne, mogli e future madri.  

Le mamãs era ben animate, hanno partecipato attivamente e con molto entusiasmo, per loro era come una piccola vacanza, due giorni a riposo dalle fatiche quotidiane. Che bello vederle così attente, sedute tranquille sulle stuoie all’ombra degli alberi di “caju”, con i loro bambini che dormivano in braccio o giocherellavano li attorno con foglie e rami secchi. Alla sera abbiamo organizzato un po’ di festa insieme con teatro, danze e canti. Sono stati due giorni davvero speciali, i momenti di formazione hanno permesso anche a me, appena arrivata, di approfittare della presenza di suor Joyce per conoscere bene queste tematiche, per me interessantissima la parte sui riti di iniziazione in cui le mamãs “consigliere” hanno mostrato concretamente in cosa consiste il rito femminile in tutte le sue tappe. Sicuramente una bella occasione per cominciare a conoscere le mamãs e condividere con loro momenti di formazione, preghiera,  e allegria in cui abbiamo riso e scherzato e mi hanno insegnato anche un po’ di macua. E’ vero che talvolta non parlare la stessa lingua è un limite, ma ho sperimentato che non è solo attraverso la comunicazione verbale che si può instaurare una relazione, talvolta è molto più comunicativo il linguaggio non verbale dove semplici gesti come il darsi la mano, il sedersi vicino,  lo scambiarsi un sorriso, divengono molto importanti. E a proposito di risate, come si sono divertite a sentire la mia pronuncia macua quando tentavano di insegnarmi qualche parola, per non parlare di quando hanno tentato di insegnarmi a danzare come fanno loro =) meno male che non ero sola, anche suor Joyce aveva le mie stesse difficoltà!! Si è instaurata davvero una bella relazione anche con la “Pwiamwene” (catechista delle donne) e l’animatrice zonale di Memba. Ora, alla domenica dopo la celebrazione della Parola, spesso si fermano a ridere e scherzare un po’ con me.

Durante le vacanze dei ragazzi, c’è stato l’incontro delle famiglie sia a Memba che a Cavà. Anche questa è stata una bella occasione per conoscere qualche famiglia della parrocchia ed instaurare nuove relazioni. In questi incontri siamo stati molto aiutati dai nostri animatori, in particolare dal sig. Salvador, responsabile regionale di Cavà, è una persona molto sensibile, sui cinquant’anni, che parla bene portoghese e praticamente ci ha adottato come due figli. All’incontro delle mamãs, ha partecipato nonostante sua moglie in casa stesse male, e durante il cammino abbia saputo che era morta la sua nipotina. E’ arrivato dicendoci che era li per aiutarci perché aveva pensato che le mamãs spesso non parlano portoghese. Inoltre aveva pensato che probabilmente anche Nicolò aveva bisogno di aiuto visto che doveva andare in alcune comunità del mato (dove parlano solo macua) a comprare i fagioli. E in effetti meno male che c’era lui! La provvidenza ci ha proprio aiutato!  Il giorno dopo, prima di incamminarsi verso casa ha spettato di pregare con noi. Salvador lo abbiamo reincontrato all’incontro delle famiglie, è venuto anche questa volta per aiutarci, anche questa volta con una triste notizia, in quanto era appena morto il suo nipotino di otto anni.

Questi primi incontri ci hanno fatto capire tante cose, la voglia delle persone di mettersi in cammino per ricevere una formazione. Un po’ come l’incamminarsi per andare a prendere l’acqua al pozzo, lo stesso, incamminarsi per andare a ricevere quell’acqua che alimenta la fede cristiana. Il senso di responsabilità nell’aiutarci, nel non lasciarci soli. L’importanza dell’esserci nonostante la mancanza di mezzi, la loro capacità di divertirsi nella semplicità, ad esempio quando usano il teatro per la catechesi. Questa forma di comunicazione, molto semplice, immediata e anche divertente, aiuta molto anche noi, ad apprendere molte cose sulla cultura e sulla loro maniera di vivere e vedere le cose. Ci stupisce sempre la loro grande generosità nella povertà, quando ci portano un frutto, chi un’arancia, chi della papaia, chi un po’ di mandioca, e ci verrebbe da dire di no perché la possano conservare per loro, che sicuramente ne avrebbero più bisogno di noi, ma non si può rifiutare. Ci accorgiamo quante cose dobbiamo imparare da questi nostri fratelli e sorelle africani, e sempre ci ritroviamo a riconoscere quanto sono ricchi nel cuore, se pensiamo che la vera ricchezza non si misura nei beni che possediamo ma nel bene che facciamo agli altri.

Ci buttiamo avanti: il prossimo post arriverà dopo san martin, ma non quello che pensate voi l’undici di novembre, stiamo parlando del nostro trasloco dalla casa di pe Silvano alla casa dei laici: casa ORSINI!! Si, finalmente è quasi pronta e giusto in tempo per il rientro di pe Silvano riusciremo anche noi ad entrare nella casa che ci ospiterà per i prossimi tempi.. sicuramente penserete: “un trasloco con il caldo di agosto, in Africa, siete matti!” beh, dopo averlo fatto l’anno scorso a Tregnago, ora lo facciamo a Memba ma in inverno = ) …….quasi primavera!!

Buon proseguimento e……. buone ferie a chi le deve ancora fare =)

Un abbraccio forte a  tutti

Mpaka Nihiku Nikina

Franci e Nico

domenica 31 luglio 2011

Salama!!


Salama, tudo bem?
Ciao amici,
allora iniziate le ferie? Vi speriamo tutti in salute e magari spaparanzati al mare a riposare e prendere un po’ di sole. Vi pensiamo li in Italia al caldo, mentre qui in Africa, in Mozambico è arrivato l’inverno e fa un po’ fresco.. si avete capito bene: fa fresco! Ma si sta proprio bene!
Noi stiamo bene, da una settimana qui sono iniziate le ferie del lar e i nostri ragazzi sono tornati a casa, che silenzio, abbiamo anche un po’ di nostalgia ma tra una settimana li riavremo con noi per l’ultimo trimestre di scuola. Ne approfittiamo per staccare la spina e programmare alcune cose per il lar e per la parrocchia. In questo periodo di assenza di pe Silvano, la parrocchia sta piano piano andando avanti sempre in comunione con lui. Tutti qui ci sentiamo vicini a lui e l’affidamento di pe Silvano e della sua famiglia nella preghiera non manca mai, da tutta la comunità missionaria veronese, agli altri missionari della diocesi di Nacala, a tutti i nostri parrocchiani. Anche con i ragazzi del lar abbiamo organizzato dei momenti di preghiera insieme.
Dall’ultimo post sono molte le cose da raccontare. Innanzitutto il nostro inserimento stabile a Memba. Dall’inizio di giugno, da quando pe Silvano è rientrato urgentemente in Italia per stare vicino al papà, noi ci siamo trasferiti a Memba per garantire una presenza fissa ai ragazzi nel lar e cercare di dare un po’ di continuità alla camminata pastorale parrocchiale. Questa situazione di emergenza ha accelerato il nostro inserimento qui nella parrocchia; sicuramente trovarsi al timone di molte cose dall’oggi al domani non è stato semplice, infatti eravamo molto timorosi perché molte cose e dinamiche non le conoscevamo e anche rispetto al rapporto con le persone, tanta paura di commettere errori o non saper come affrontare certe cose. Fortunatamente i primi mesi di affiancamento sia con pe Silvano che con tutta l’equipe di Namahaca ci hanno permesso di conoscere un po’ la realtà, e con questa conoscenza e grazie al fondamentale e costante appoggio, aiuto e supporto dei nostri fratelli maggiori pe Alessio, Emi e Lucia ci siamo buttati mani, piedi e cuore in questa avventura missionaria nella nuova parrocchia.
In questi due mesi sono successe tante cose. C’eravamo lasciati nel periodo in cui ci stavamo inserendo nella vita di missione e facevamo avanti e indietro da Namahaca, qui a Memba dormivamo nella piccola pensione di Virgilio. A ridosso della partenza di pe Silvano per l’Italia, Memba si stava preparando per accogliere il presidente Ghebusa, che sarebbe arrivato in visita ai primi di giugno. Proprio cosi, il presidente del Mozambico avrebbe onorato della sua visita la nostra cittadina. Tutto maggio è stato quindi un periodo di grandi preparativi, in cui tutti erano coinvolti, dai bambini agli adulti, tutti si sono dati da fare per piccoli e grandi lavori di arrangiamento. Era un costante avanti indietro di persone con in mano rastrelli e pale, secchi di colore, pennelli, piante e fiori da piantare. Strade, scuole, ospedale, giardini, tutto (perlomeno dove sarebbe passato il presidente) è stato ristrutturato e ben ordinato per dare un piacevole benvenuto al presidente. Durante il giorno si sentivamo i canti che i bambini stavano preparando a scuola e tutti i ragazzi erano coinvolti in turni di pulizia e sistemazione degli ambienti scolastici. La piccola impresa della città stava ultimando i lavori della sala per la riunione con il presidente e l’equipe di manutenzione stradale ha lavorato duramente per sistemare il lungo pezzo di strada sterrato che da Nacala Velha porta a Memba e a Chipene (ulteriore tappa presidenziale). Il risultato è stato ottimo, anche se ci siamo chiesti se una volta passato il presidente Memba sarebbe rimasta cosi bella!! Ai primi di giugno appunto anche noi siamo arrivati a Memba per rimanerci stabilmente e anche noi quindi siamo stati piacevolmente accolti dalla ristrutturazione della città. Finalmente credevamo di aver posato le valigie per un po’ di tempo, ma già il secondo giorno dal nostro arrivo, Virgilio è venuto ad avvisarci che dovevamo lasciare la pensione perché tutte le stanze erano riservate per la visita presidenziale. Quindi abbiamo fatto un’altra volta la valigia, ma questa volta per trasferirci poco distante, a casa di pe Silvano nel lar. Un’ulteriore piccolo trasloco ma per fortuna semi-definitivo in attesa della nostra casa (nella quale si stanno ultimando i piccoli lavori di manutenzione e dovremo finalmente entrarci verso la fine di agosto). I primi giorni sono stati piuttosto intensi, e non facciamo nemmeno in tempo a posare la valigia, che arrivano ad avvisarci che stavano per montare cento tende nel giardino a lato della chiesa (praticamente dietro la casa). Il problema era che oltre alla disponibilità logistica, ci chiedevano anche di poter usare l’acqua e le latrine del lar. Impensabile! L’acqua della cisterna non era molta ed era solo per i laristi, le latrine erano già quasi piene. Bene, ci siamo detti, e ora cosa facciamo? Abbiamo pensato di andare a parlare con l’amministrazione per trovare un’altra soluzione. Nel frattempo nel lar era un continuo andirivieni dei ragazzi che andavano e tornavano da scuola per i turni di pulizia e per preparare il benvenuto. L’arrivo del presidente insomma ha creato un po’ di agitazione generale e ancor di più per noi che non conoscevamo niente. Inoltre, dovevamo confrontarci con il nostro nuovo ruolo da responsabili del lar, soprattutto per quanto riguarda la gestione pratica e il rapporto con i ragazzi che ancora conoscevamo poco.
Il tre di giugno (lo stesso giorno dell’arrivo di Ghebusa a Memba) siamo partiti presto e abbastanza agitati per Cava’, per il nostro primo consiglio pastorale da soli. Per strada dovevamo dar “boleia” (dare un passaggio) ad alcuni animatori parrocchiali ma non ci ricordavamo nemmeno le facce. E’ normale che lungo la strada molti ti chiedano un passaggio, e noi ci chiedevamo “E questo sarà un nostro animatore o no?”. Fortunatamente gli animatori si sono fatti riconoscere e insieme (a qualche infiltrato) abbiamo raggiunto Cavà. Il consiglio è andato molto bene, si sono dibattuti i vari temi e i consiglieri ci hanno aiutato tantissimo, possiamo dire che hanno fatto tutto loro, noi abbiamo solo cercato di accompagnare e coordinare un po’. L’incontro è durato molto, è terminato per la fame =) alle 13.30 con un buon piatto di riso e fagioli. Meritato!
Una bella testimonianza di fede è la proposta dei consiglieri di Cavà appena partito pe Silvano, di recitare il Rosario nelle comunità della parrocchia tutti i venerdì fino al suo rientro, per stare in comunione con lui e affidare a Maria questo momento di sofferenza della sua famiglia.
In questi primi mesi da soli piccoli e grandi imprevisti che ti sfasano il programma non sono mancati. Come quella domenica che alzati prestissimo per andare a prendere la legna con i ragazzi, Nicolò si accorge che una ruota è sgonfia, sembra bucata. Decide quindi di cambiarla (primo cambio gomma del giorno) e parte con i ragazzi per il mato. Al ritorno, dopo la Celebrazione della Parola, va dal meccanico per farsi sistemare la ruota sgonfia, e il meccanico usando tutta la tecnologia disponibile cioè secchio e un po’ d’acqua per controllare eventuali fori, non incontra niente, cosi la rigonfia e si torna al lar (secondo cambio gomma del giorno, per rimettere la ruota di scorta come scorta). Nel pomeriggio sembra tutto tranquillo, decide di far due tiri a calcio con i ragazzi ma passando vicino all’auto si accorge che la ruota è di nuovo sgonfia (terzo cambio gomma del giorno) si mette a cambiare la ruota, quando un ragazzo giocando a calcio si fa male, corriamo all’ospedale e gli mettono cinque punti (è passato un mese e non è ancora guarito). Torniamo nel lar e dopo cinque minuti un altro ragazzo si fa male, quindi andiamo un’altra volta all’ospedale. In realtà il nostro programma della domenica pomeriggio era preparare il lar e il nostro zaino perché il giorno dopo saremmo partiti per rimanere fuori qualche giorno in città, per rifornimenti e documenti.  
Prima di partire per la città e avendo trovato più volte lo stesso pneumatico sgonfio, decido di tornare dal gommista-meccanico-elettrauto di Memba e insieme proviamo a smontare la ruota dal cerchione. A martellate scolla la gomma dal cerchione e con un pezzo di balestra della sospensione usata come leva la toglie dal cerchione pulendolo dalla sabbia che si era infilata e scoprendo la perdita: una vecchia “ferita” del pneumatico già più volte rattoppato. Così essendo il battistrada quasi al limite, decido di cambiare i due pneumatici con i nuovi che avevamo in garage e sempre delicatamente a martellate fa il cambio. Mancava solo l’equilibratura e il bilanciamento, ma vedendo che il suo manometro personale era un ferro con il quale batteva sul pneumatico gonfiandolo fino a quando, secondo lui, suonava bene ho desistito a chiedere. Poi entrando nell’ufficio-magazzino per pagare ho visto un manometro sul tavolo, gli ho chiesto se funzionava, lui mi ha risposto che naturalmente funzionava bene…mi sono detto: “… ce l’hai proprio li a portata di mano, devi solo collegarlo al compressore e ti semplifichi anche il lavoro..” ma questo è il nostro modo di pensare, di lavorare, di fare le cose, e penso che qui siamo in Africa, dove dalle piccole alle grandi cose c’è un modo diverso di pensare, di agire, di vivere, di affrontare i problemi. Quello che per me è “semplificare le cose” talvolta per loro è un complicarle. Ma siamo qui a camminare con questi fratelli africani, mi accorgo che di fronte al mio voler essere l’ottimizzatore e di fronte ai miei perché devo invece saper aspettare, avere pazienza e imparare a vivere le cose con lo stesso ritmo che hanno loro, con più leggerezza e serenità.
Ogni giorno le sue gioie e le sue fatiche, di certo  non possiamo dire che ci annoiamo. In questo periodo, spesso ci siamo guardati e ci siamo detti “E ora cosa facciamo, come risolviamo questa cosa?!?”. A cominciare dal lar, i ragazzi li conoscevamo appena, non sapevamo nemmeno distinguere i loro nomi. Le prime settimane molti venivano da noi con le richieste più svariate. Istintivamente ci veniva sempre da rispondere di si, ma poi piano piano, abbiamo capito come gestire le loro richieste, soprattutto quelle di uscita dal lar. Di fronte agli imprevisti, stiamo imparando a vivere tutto (più o meno) con più tranquillità come i nostri fratelli mozambicani, come quel giorno che già in super ritardo abbiamo bucato la ruota con il pick-up pieno di mamas di ritorno dalla formazione parrocchiale. Le mamas non si sono assolutamente preoccupate, continuando a cantare allegramente sono scese dalla macchina e hanno continuato aspettando di ripartire, anche questa è Africa!
Non solo i piccoli imprevisti di ritardo, a volte sono imprevisti grandi e importanti come quel giorno che siamo tornati dalla città, con le nostre provviste e quelle del lar, e i ragazzi corrono da noi per avvisarci che avevano finito tutta la loro riserva di acqua nella cisterna. In quel momento era sera e si doveva trovare una soluzione immediata per fare in modo che i ragazzi avessero l’acqua per il giorno dopo. Abbiamo lasciato tutto il pick-up carico e ci siamo riuniti con loro per cercare una soluzione. Purtroppo l’acqua è finita troppo presto, se pensiamo che la prossima stagione della pioggia inizierà solo a fine anno. I ragazzi hanno deciso di pagare una contribuzione mensile per andare alla fontana a prendere l’acqua per bere, lavarsi e cucinare, ciascuno con il suo secchio sulla testa, e di andare tutti i giorni al mare per prendere l’acqua per pulire le latrine. Qualche giorno dopo, ci accorgiamo che anche la nostra acqua sta per finire, purtroppo si sono fatte delle crepe nelle pareti della cisterna e l’acqua è andata perduta. Che fare? Abbiamo pulito dei grandi contenitori di plastica da 200 lt, che di solito sono usati per le scorte di mais e fagioli, per raccogliere l’acqua che era rimasta nel fondo della cisterna. Qualche giorno dopo, grazie all’aiuto e direzione di Emiliano (e ai consigli dello zio Franco) sono iniziati i lavori per arrangiare le pareti della cisterna con del nuovo cemento e ferro per rinforzare il tutto. Tutt’ora anche noi, come i ragazzi, stiamo usando l’acqua della fontana che mettiamo nei secchi, per l’uso di casa.
In tutto questo periodo, come quando ci era stata fatta la proposta di partire per il Mozambico, ci siamo affidati nelle mani del Signore e ancor di più ci stiamo affidando nel nostro mandato missionario qui a Memba in questo momento difficile e in attesa del ritorno di pe Silvano qui con noi, con la consapevolezza che quando ci si affida veramente, quando nel silenzio nei nostri cuori riusciamo a dire si, sono disposto a mettermi nelle Sue mani, in questo progetto missionario, che non è solo mio, non solo della Diocesi, ma è di Dio, si sa che non si sa quello che può succedere! Ma affidarsi è proprio questo, cominciare a muovere i primi passi fino a camminare, sapendo che c’è una mano invisibile che ci sostiene, ci aiuta a superare gli ostacoli e le difficoltà, ci rialza quando cadiamo, ti indirizza quando non trovi la strada, ti guida quando sei al buio, e se questa mano in alcuni momenti non riusciamo a percepirla o tarda ad arrivare, non è per farci perdere la speranza ma per farci gustare ulteriormente il Suo aiuto. Certo scriverlo è facile, metterlo in pratica poi, è un’altra cosa, molto difficile soprattutto quando ti ritrovi faccia a faccia con le difficoltà!! Ma siamo certi che questa difficoltà darà i suoi frutti. Ora ci sentiamo nel periodo della semina, cerchiamo di seminare la nostra presenza, la nostra volontà di imparare, con i nostri limiti e la nostra poca esperienza, ma il con il nostro entusiasmo. Il nostro esserci cerchiamo di testimoniarlo nelle relazioni, con i ragazzi del lar e negli incontri parrocchiali di questi primi mesi, come l’incontro dei giovani, l’incontro delle mamas e quello delle famiglie.
All’inizio di luglio, siamo andati in città per fare l’esame scritto della patente mozambicana, perché la nostra italiana non è riconosciuta. All’andata accompagniamo le famiglie della nostra parrocchia a Carapira che si fermavano per la formazione diocesana e noi proseguiamo il nostro viaggio verso Nampula. Ci presentiamo lle 7,30 come da orario di inizio della prova e ci fanno entrare solo alle 9. Una volta dentro scopriamo che non c’erano i nostri nomi nella lista, quindi non potevamo fare l’esame. L’unica soluzione era tornare alla motorizzazione, far presente il problema e ritornare alla scuola guida per fare l’esame con il turno successivo alle 10,30. L’ufficio della motorizzazione è una stanza super caotica, (assomiglia a un mercato rionale) piena di persone, dove si entra e non si capisce dove andare e con chi parlare. Dopo un’ora, individuiamo la segretaria e riusciamo a esporre il problema e farci mettere nell’elenco del turno successivo. Quindi ci ripresentiamo alla scuola guida alle 10,30, aspettiamo fino alle undici per entrare, e chiamano solo Nicolò, si sono dimenticati di scrivere il mio nome. Nicolò comincia l’esame mentre io torno un’altra volta in quel girone infernale per cercare di ricollocare il problema. Dopo molta fatica riesco a parlare, ma come è normale, la segretaria non attende una persona per volta ma tutte le persone che ci sono davanti alla scrivania, tutte insieme e dà risposte a tutti contemporaneamente. Alla fine ha dato risposta anche a me e ha messo finalmente il mio nome nella lista dell’ultimo turno. Torno alla scuola, aspetto un’ora e alla fine a mezzogiorno e mezzo riesco a fare l’esame anch’io. Anche quel giorno da bravi ottimizzatori, avevamo incastrato mille tappe da fare dopo l’esame (che secondo i nostri calcoli doveva finire alle otto e mezza), e invece è andato tutto in fumo. Che dire, l’abbiamo presa con molta filosofia e ci abbiamo scherzato un po’ su. Al pomeriggio dovevamo cercare di recuperare un po’ il tempo perso e ultimare le compere, alla sera avevamo appuntamento con Emiliano e Lucia per andare all’aeroporto a prendere i loro famigliari e amici che arrivavano dall’Italia. Altro imprevisto che ci sfasa il programma: andando in un magazzino chiudiamo la macchina con le chiavi dentro. E ora che fare?!? Ci siamo seduti ad aspettare e rinunciare definitivamente a tutti i nostri programmi, aspettando l’arrivo di Emi, che nel frattempo era riuscito a recuperare il meccanico, il quale con un raggio di una bicicletta e senza nessun danno alla macchina è riuscito ad aprire in un istante la porta (ci guardiamo stupiti e contenti e gli diciamo con una battuta che non volevamo sapere che lavoro facesse prima di diventare meccanico!) Alla sera andiamo all’aeroporto e felicissimi re incontriamo il nostro caro amico Umbe (fratello di Lucia) e conosciamo gli altri parenti e amici di Emi e Lucia. Tutti esclusivamente con felpa e maglietta del Hellas, sembrava quasi una trasferta da stadio, tanto che appena li abbiamo visti scendere dall’aereo, sia loro che noi abbiamo iniziato a cantare : ”Stan arrivando i giallo-blu..” Che bello, vedere loro così emozionati all’aeroporto ad aspettare le loro visite, dopo quasi due anni che non si vedono. Gli abbracci e i baci sono stati infiniti e la loro contentezza ha emozionato anche noi.                
Dopo varie peripezie e imprevisti concludiamo la serata tutti insieme con una carica di allegria italiana! Abbiamo passato dei bellissimi momenti insieme a questi nostri amici veronesi, la maggior parte di loro li abbiamo conosciuti qui in Mozambico, ma la condivisione e l’allegria erano tante che sembrava fossimo amici da lunga data, senza contare la loro grande disponibilità e generosità per riempire le loro valigie solo di tante cose per noi missionari e farsi postini anche ora al ritorno. Che dire? Grazie “zio” Umbe, ci siamo incontrati nella preparazione per l’esperienza missionaria in Moldavia, senza contare le varie uscite MGM, ferragosto sul Carega in primis (ma non diciamo a tutti il motivo!!). Grazie zii Franco e Mary che ci hanno accolto come nipoti acquisiti in questa visita Mozambicana (ricordatevi che abbiamo fatto degli accordi..). Grazie Franci e Stefano vi sentiamo proprio amici.. Turisti, ma con lo spirito missionario, sono stati sempre molto delicati con le persone, attenti e pronti nel condividere e incontrare. Tutti loro sono venuti anche a visitare il nostro lar qui a Memba, i ragazzi sono stati ben felici di conoscerli, abbiamo passato un po’ di tempo insieme e alla fine ci siamo salutati con i rispettivi inni nazionali. Che festa!
Questi sono alcuni nostri piccoli e grandi imprevisti qui in Africa in questi primi due mesi di inserimento e siamo contenti di esserci, non sarebbe la stessa cosa se tutto fosse rapido, semplice e se avessimo in tasca tutte le soluzioni. Stiamo affidando tutto nelle Sue mani, soprattutto i nostri timori, la nostra paura di sbagliare. Sappiamo che il Signore non ci da prove che non possiamo superare. Infatti, in questo incarico, ci ha messo al nostro fianco tantissime persone che ci stanno aiutando come l’equipe di Namahaca, in particolare pe Alessio, Emi e Lucia, pe Silvano pronto a rispondere ai nostri sms di SOS, don Giuseppe con Flora e Giulio, gli altri missionari che via via stiamo conoscendo che ci incoraggiano sempre ogni volta che li incontriamo, tutti i nostri animatori parrocchiali, in primis il consiglio pastorale che ci ha accolti con tanto entusiasmo e ci sta aiutando tantissimo. Ma anche tutte le persone che stiamo incontrando e conoscendo qui nella nuova parrocchia, la loro testimonianza di fede e coraggio nonostante tutte le loro difficoltà. Infine anche i nostri ragazzi che come tutti i ragazzi adolescenti hanno le loro giornate dritte e le loro giornate storte, ma sempre ci contagiano con la loro allegria e simpatia, sono la nostra famiglia =). Quanto vi abbiamo raccontato in questo post sono solo piccoli frammenti di quotidianità. Queste difficoltà, o piccoli e grandi imprevisti non sono niente rispetto ai grandi problemi alle grandi sofferenze che mano a mano che ci inseriamo qui vediamo che i nostri fratelli mozambicani stanno portando sulla schiena con grande dignità e umiltà dalle quali dobbiamo solo imparare.
Un forte abbraccio a tutti =)
Mpaka nihiku nikina…
A presto!!! 
PS: A breve, grazie ai nostri “postini” Franci e Stefano dovrebbero arrivare sul blog alcune nostre foto e anche qualche video (il primo l’abbiamo fatto il 5 giugno a Carapira, proprio quando tutti voi eravate riuniti a Negrar per il pranzo missionario, l’altro è un video di saluti). Vi sentiamo tutti vicini, e tutti in modo particolare: chi con sms, chi con mail, chi con lettere insomma siete tutti qui con noi!!

mercoledì 15 giugno 2011

Inserimento in missione

Salama! Tudo bem?


Ciao amici,

Eccoci qua per raccontarvi ancora un po’ della vita qui in missione.
Siamo stati un po’ silenziosi, qui le comunicazioni non sono sempre facili, almeno fino a quando non saremo stabili a Memba, al momento siamo ancora un po’ nomadi, tra Namahaca e Memba-Cavà. L’inserimento e gli spostamenti ci assorbono praticamente tutte le energie. In teoria a luglio dovremmo stabilirci a Memba, e se tutto va bene, ai primi di giugno dovrebbero iniziare i lavori per la sistemazione della casa dove andremo ad abitare in affitto. La casa è nel bairro Muaco, in mezzo al quartiere, e questo ci piace molto per stabilire da subito un contatto con la gente che ci abita vicino. La chiesa e il lar non sono lontani dalla casa, sono a circa mezzo km, praticamente poco più di cinque minuti a piedi. Non vediamo l’ora di stabilirci là, per trovare un po’ di stabilità dopo tutto questo nomadismo (iniziato ad agosto dell’anno scorso), e per entrare più concretamente e attivamente nella realtà di Memba. Per il momento veniamo a Memba quasi tutte le settimane per cominciare a conoscere la realtà e inserirci un po’. Quando ci fermiamo qualche giorno, usiamo la casa di Silvano per la cucina e il bagno e per dormire la notte andiamo nella pensione di Virgilio (ex larista che ci aiuta nel lar), dove abbiamo camera e bagno.

In questi mesi, consideriamo come casa Namahaca, viviamo nella parte di casa dei padri ristrutturata per gli ospiti, là abbiamo camera, bagno, cucina e sala da pranzo, manca solo il frigo ma a breve dovrebbe arrivare. Se da un lato siamo fortunati perché abbiamo la possibilità di “scegliere ” dove dormire la notte … dall’altro, e’ un po’ faticoso continuare a spostarsi. Di certo non ci si annoia! Questo periodo nelle due missioni lo stiamo vivendo con molta serenità, è davvero una ricchezza per noi perché ci permette di vedere da vicino entrambe le realtà missionarie veronesi, ed entrare accompagnati nelle attività pastorali.

Per il momento il nostro contributo è prevalentemente di tipo partecipativo per osservare e conoscere. Inoltre a Namahaca viviamo dei bellissimi momenti di vita comunitaria, una novità nella nostra vita familiare, con spazi di formazione, preparazione di attività, preghiera e svago. L’equipe è davvero varia, una molteplicità di caratteri e ministeri. Questa comunione cristiana oltre essere arricchente per noi è una bella testimonianza per i nostri fratelli mozambicani.

Anche a Cavà-Memba con Silvano stiamo iniziando a formare una bella equipe, e con il suo aiuto e accompagnamento ci stiamo inserendo piano piano nel lar e nella realtà parrocchiale.

Dal punto di vista geografico la missione di Cava-Memba è divisa in due regioni a causa dell’estensione territoriale. La sede della parrocchia è Cava’, situata nel mato (foresta) mentre la sede abitativa dei padri e dei laici è Memba, dove si trova il lar maschile. Cavà, è una zona rurale, si trova a circa a quaranta km da Memba, verso l’interno, dopo il rio Mekuburi, è una zona molto bella, in cui però a livello di servizi non c’è nulla, solo la maestosità della natura. Attorno alla parrocchia, sparse nel mato ci sono tutte le comunità cristiane che negli anni si sono formate. Questa missione era nata come uno smembramento del territorio della missione di Namahaca, fondata ufficialmente dai missionari comboniani nella festa della Sacra Famiglia nel 1948. Successivamente grazie alle numerose comunità cristiane che si erano formate, i comboniani decisero di fondare una nuova sede di missione proprio a Cava’. A partire dal 1996 fino all’aprile 2010 nella missione di Cavà-Memba si era stabilito pe. Ottavio, un sacerdote Fidei Donum sardo, da aprile 2010 è divenuta una missione della nostra diocesi di Verona. Le strutture presenti a Cavà sono: la chiesa, la casa dei padri, il magazzino, e alcuni spazi parrocchiali, che comprendono la sala riunioni, la cucina, il refettorio, il dormitorio per ospitare le persone che si fermano alla formazione. Infine c’è un lar che in passato accoglieva ragazzi orfani. Ora in disuso a causa della scomodità di locazione lontano dalle scuole.

Memba invece si trova sul litorale, sull’oceano Indiano e foce del rio Mekuburi. Memba è sede di Distretto, è un piccolo centro urbano e offre molti servizi, c’è l’amministrazione distrettuale, l’ospedale, le scuole primarie e secondarie, ci sono i lar del governo e la prigione. Memba ha goduto di uno sviluppo economico commerciale essendo una zona costiera e i commerci con il Medio Oriente hanno determinato un’elevata presenza mussulmana. Situata in un punto strategico dal punto di vista commerciale, Memba durante la dominazione portoghese ha sviluppato una buona struttura urbana, ora in parte abbandonata e con i palazzi in stile portoghese andati largamente distrutti durante la trentennale guerra civile.

Per quanto riguarda le strutture della missione, a Memba c’è la chiesa, la piccola casa dei padri (nell' ex-canonica), il dormitorio parrocchiale e il lar maschile, ovvero uno studentato per ragazzi con le due officine: falegnameria e lavorazione del ferro.

A Memba abbiamo iniziato ad inserirci nel lar, i ragazzi ci hanno accolto molto bene, e si sono dimostrati davvero entusiasti e collaborativi. La nostra prima impressione è molto buona, li conosciamo ancora poco, ma già si notano quelli più tranquilli, quelli più studiosi, quelli più lavoratori e quelli più esperti, sarà una bella sfida! Quando siamo con loro li aiutiamo un po’ nello studio e li seguiamo nei servizi per capire meglio come funzionano.

Nel lar di Memba i ragazzi sono 29, provenienti dalle parrocchie di Namahaca, Cava’e Chipene, la loro età va dagli 11 ai 22 anni, dall’ottava alla dodicesima classe, le equivalenti delle nostre scuole superiori. La scuola è organizzata su tre turni differenti: mattino (6:20-12:15), pomeriggio (12:15-17:30) e sera (17:30-22:55), non si può scegliere in quale turno essere inseriti. Oltre alla scuola, i ragazzi nel lar svolgono dei servizi giornalieri. Sono divisi in sei gruppi e a rotazione settimanale si occupano di: cucina, liturgia, pulizia degli ambienti comuni, orto, falegnameria, lavorazione del ferro e muratori.

Con pe Silvano ci sono dei progetti in cantiere, si pensava infatti di potenziare le ore di studio in particolare di portoghese, inglese, matematica e geografia, promuovere l’attività di biblioteca, collocando dei libri di vario genere e materiale scolastico che i ragazzi potrebbero usare per studiare. In teoria, a scuola dovrebbero dare ad ognuno i libri di testo in prestito per l’intero anno scolastico, che poi andrebbero restituiti a fine anno, ma nella pratica nessuno di loro li ha. Le idee, i sogni e i progetti sono tanti vedremo piano piano come realizzarli.

Oltre al lar abbiamo iniziato anche il nostro inserimento nelle attività parrocchiali e abbiamo partecipato al primo consiglio pastorale a Cava’. Il consiglio è iniziato al mattino, con un po’ di preghiera e qualche canto. E’ seguito un momento di reciproca presentazione di noi e dei membri del consiglio, sono gli animatori dei vari ministeri e gli animatori zonali (6 zone). Dopo questo momento di presentazione è iniziato il consiglio. Sono stati dibattuti i vari assunti, si tratta di problematiche, proposte, preoccupazioni, che riguardano le varie comunità. Prima di concludere si è fatto un po’ di calendario, nel quale si sono decide le date degli incontri parrocchiali mensili e le visite alle comunità. Qui non c’è il telefono per avvisare che la prossima settimana il padre va a visitare quella o l’altra comunità, e nemmeno internet o il cellulare per mandare un sms e avvisare quando ci sono le formazioni. Tutte le informazione vengono date per passaparola. Il consiglio è un appuntamento importante di confronto e decisione ma anche un momento fondamentale di programmazione dei vari appuntamenti mensili per il padre, gli animatori e le comunità. Cosi ogni comunità, grazie al suo animatore che ha partecipato al consiglio, saprà che in quella data verrà il padre a visitarla e celebrare la messa e quindi si organizzerà per preparare l’accoglienza.

Il consiglio è durato quattro ore, abbiamo concluso cono pranzo insieme di riso e fagioli. Ci è piaciuto molto partecipare anche se ci siamo sentiti ancora un po’ dei pesci fuor d’acqua. Partecipare ci ha dato un idea più concreta dei vari assunti parrocchiali e comunitari e ci ha fatto riflettere sulle modalità e tempistiche del dialogo. Qui ogni assunto è dibattuto da tutti e alla fine tutti insieme giungono a una soluzione comune. Il ritmo è molto lento, ognuno senza fretta può dire la sua opinione.

Più stiamo a contatto con le persone e ci inseriamo nell’ambiente, più impariamo a conoscere le loro careatteristiche culturali. Il ritmo delle cose è molto diverso, è rallentato, non è frenetico come da noi, anche le modalità di pensare, agire e affrontare un problema sono molto diverse e le relazioni umane sono sempre una priorità. Anche noi dobbiamo imparare a rallentarci e prima di agire osservare e capire bene la realtà in cui viviamo nel rispetto delle persone che abbiamo vicino.

Diverso è anche il modo di pensare e reagire di fronte alla morte. Un esempio è il dialogo che abbiamo avuto con un ragazzo qui del lar, David. Lui ha 22, è di Namahaca e sta frequentando l’ultimo anno di scuola, la dodicesima classe (è un buon ragazzo, la sua famiglia è poverissima, era rimasto fermo qualche anno con la scuola e ora ha ripreso a studiare e vive nel lar parrocchiale di Memba). Ci stava raccontando che aveva appena saputo della morte di suo cugino, il secondo in due settimane. Sapendo che era il secondo in così poco tempo gli abbiamo detto che eravamo molto dispiaciuti e che era una cosa molto triste. David ci ha risposto con un tono molto pacato, quasi sottovoce, guardandoci con quei suoi occhi profondi e sguardo colmo di rispetto “non è triste, è naturale”, “solo Dio è colui che conosce le cose”. Ecco, siamo rimasti realmente senza parole di fronte a questa risposta, a questa fede in Dio così profonda, di fronte a questo abbandono totale nelle Sue braccia e nella Sua Provvidenza.

Più passa il tempo, più ci affezioniamo alle persone e più ci sentiamo partecipi delle loro difficoltà, dei loro problemi, delle loro sofferenze, e vorremmo fare di più. Ma spesso purtroppo non si può far niente. Solo camminare insieme, vicino, ma non troppo perchè ognuno ha la propria cultura, il proprio ritmo, il proprio passo, le proprie modalità e il proprio sguardo sulle cose. Ma la ricchezza è proprio questo camminare insieme e questo nostro cercare di andare alla loro andatura, con il loro ritmo e di guardare lo stesso orizzonte. Questa camminata comune che ci rende fratelli.

Anche questa volta ci siamo dilungati un po’ =O

Um abraço bem apertado..........sempre juntos no coração e na oração!

……. mandateci vostre news =) Até a proxima!!

Nico e Franci